Con Viktor Orban Festeggiamo il sovranismo di governo "europeo"
Il grande successo di Viktor Orbán in Ungheria è un ulteriore monito all’Europa di Bruxelles che si ostina a non voler cambiare, come dimostrano le uscite “a gamba tesa” dei due vicepresidenti della Commissione Ue sui nostri quotidiani nei giorni scorsi a proposito dei bilanci dello Stato. Gli elettori ungheresi – incuranti delle medesime minacce – hanno premiato in modo massiccio il buon governo del loro presidente e per questo l’hanno rieletto pienamente per la terza volta. Il motivo? Un governo che ha segnato un percorso di forte crescita dell’economia, piena occupazione, sostegno alla natalità e alla istruzione, difesa della identità e della cultura nazionale ed europea.
Un governo che ha saputo interloquire senza subire con l’Ue, mettendo in chiaro – senza demagogia parolaia ma con una prassi meticolosa e decisa – un principio che racchiude il senso pratico del sovranismo di governo: gli ungheresi vogliono essere padroni del loro destino, cambiare l’Europa, non cancellare l’Ungheria. Questa scelta di fondo ha indirizzato gli anni di Orban che si sono tradotti in una crescita esponenziale del Pil (+4%), in investimenti sull’alta tecnologia mai sperimentati in loco e in un utilizzo realista dei fondi per la coesione giunti dall’Ue.
In quest’ottica, per quanto magari distante dall’approccio “classico” mediterraneo al problema (e dalla morfologia stessa della nostra Italia), va interpretata la serrata politica sull’immigrazione e la difesa della “patria ungherese” dall’islamismo. E in quest’ottica va interpretata e colta la polemica con l’approccio burocratico dell’Ue e con la propaganda immigrazionista delle Ong che hanno individuato nell’Ungheria il “mostro” da abbattere con la campagna mediatica.
Il risultato? Un mandato pieno, convinto, a un leader che intende completare l’operazione di riforma della Costituzione in senso sovranista e lanciare – in vista delle Europee del prossimo anno – l’asse del “gruppo di Visegrad” come contraltare all’indirizzo di Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Per tutte queste ragioni il premier ungherese può e deve essere alleato dell’Italia – a maggior ragione quella uscita vincitrice dalle urne – per rinnovare l’Europa, riformare i Trattati, contrastare l’asse della conservazione franco-tedesca.
*Adolfo Urso, senatore FdI