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Uscire dallo "stallo" con lo spirito che emerge dalla Nazione: il presidenzialismo

Mario Ciampi2022-07-04T15:42:43+02:00
Di Mario Ciampi Charta Minuta, Istituzioni
Ci risiamo, governo tecnico o di scopo o “neutrale”, nell’ultima versione appena coniata. La giusta condanna di una legge elettorale che non poteva non produrre questo risultato. Intanto qualcuno si gode il teatrino da dietro le quinte. E si ritorna alla consueta campagna elettorale, che non si è mai dismessa completamente, come un attrezzo che si tiene a portata di mano, pronto all’uso. Questa crisi istituzionale è piena di lezioni, per chi vuole sentirle. In primo luogo, lo scollamento tra il sistema dei partiti e la Presidenza della Repubblica. Una volta, quando davvero i governi si facevano in Parlamento, bastava un appello del Quirinale per mettere insieme partiti anche molto diversi. Era l’Italia che aveva scelto di essere proporzionale, questa è invece proporzionale a sua insaputa. O forse è proporzionale nel fisico, ma è rimasta maggioritaria nella mente. Quell’Italia aveva una classe dirigente omogenea, coesa, che si divideva certo in partiti diversi, ma si riconosceva prima ancora nella democrazia rappresentativa e in una certa idea dell’Italia. Il trasformismo era sano e benedetto, una tradizione almeno dai tempi di Depretis. Il sistema internazionale faceva il resto.

Ebbene, è cambiata la costituzione materiale. Questo non si può più negare. A nessuna personalità che non sia legittimata direttamente dal popolo si possono affidare completamente le sorti dell’Italia. Non è questione di carisma o di piglio decisionale. La crisi è più sistemica e più profonda. L’Italia ha la necessità di un momento catartico, di un’Assemblea costituente che traduca nella Carta quello che è ormai nello spirito della nazione, partendo dal presidenzialismo. Occorre riportare nell’alveo costituzionale quel fiume carsico del plebiscitarismo che altrimenti rischia di esondare con modalità più incontrollabili. Assumerlo nelle giuste dosi. Del resto, la democrazia contemporanea, ormai ovunque, non si esaurisce nella rappresentanza, non è più soltanto una democrazia dei partiti. Soprattutto non è più una serie di liturgie.

La seconda lezione di questa crisi è proprio sul sistema dei partiti. Cosa potevamo aspettarci da soggetti politici che si sono delegittimati a vicenda per l’intera legislatura passata? È difficile stringere accordi tra avversari, quasi impossibile tra nemici, tanto più se si assegna agli incendiari il compito che spetta ai pompieri. In certi casi, non basta l’Italia come denominatore comune. Tra l’altro, nell’epoca della vittoria del marketing sulla cultura politica, non ci si può permettere flessioni dell’indice del consenso: come in borsa, i sondaggi sono quotidianamente a segnalare le oscillazioni dei titoli e a orientare spasmodicamente un tweet o un’intervista. Resta il rammarico per il mancato tentativo del centrodestra: un mandato pieno dato a un esponente leghista sarebbe stato l’unico modo per esplorare la possibilità di un governo politico per il Paese. Ora la sfida è tenere unita la coalizione alle prossime elezioni politiche e dopo. Ma intanto ci deliziamo con l’insostenibile leggerezza del voto, commedia estiva rigorosamente all’italiana.

*Mario Ciampi, segretario generale Farefuturo

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